Erano in tanti venerdì 10 gennaio a Foggia a manifestare contro la mafia invocando una città libera dalla morsa criminale che la sta opprimendo, come sta soffocando l’intera Capitanata.

Anzi, eravamo in tanti, arrivati dall’intera provincia: da Manfredonia, San Severo, Cerignola, Lucera, Vieste, Monte Sant’Angelo, Mattinata, …

Vi erano i gonfaloni di decine di Comuni presenti con i loro sindaci, riconoscibili dalle fasce tricolori, tra i quali anche quello di Bari e di Lecce, con altri sindaci pugliesi. C’erano i vescovi delle quattro diocesi, sparsi senza segni distintivi tra i manifestanti. Il nostro, padre Franco Moscone, per un lungo tratto ha marciato portando con alcuni giovani il lembo dello striscione del presidio di Libera di Mattinata, di recente costituito.

Per la prima volta, l’intera Provincia ha voluto stringersi attorno a Foggia e alla sua comunità, e lo ha fatto con la calorosa presenza di tanti comuni cittadini arrivati spontaneamente e trovatisi poi a sfilare, senza un rigido copione, affianco ai numerosi rappresentanti delle istituzioni nazionali e territoriali, tra i quali la ministra dell’Agricoltura Bellanova, il Presidente della Regione Emiliano, quello della Provincia Gatta,  il Prefetto Grasso, magistrati … rappresentanti di categorie professionali, sindacati, partiti e movimenti di ogni schieramento politico, e, soprattutto, tante associazioni, con i loro striscioni variopinti, e tantissimi giovani.

L’appello fatto da don Luigi Ciotti appena qualche giorno prima, dopo l’ennesimo morto ammazzato per strada con il quale la mafia foggiana ha salutato il nuovo anno, è stato rilanciato da Libera e, oltre ogni aspettativa, è stato raccolto da migliaia di persone, 10.000 e forse più, che hanno voluto far sentire la loro vicinanza alla città e alle sue vittime.

Una grande prova di solidarietà e di unità contro un nemico comune, in quel momento invisibile, impalpabile ma sicuramente attento e magari sorpreso da quello che stava accadendo.

Dal palco hanno dato la loro testimonianza i familiari di alcune vittime della mafia, da quelle risalenti a più di venti anni fa (Ciuffreda, Panunzio, Marcone) fino a quelle più recenti (come i fratelli Luciani).

Gli unici interventi consentiti sono stati quelli del Vescovo di Foggia Pelvi e quello conclusivo di don Luigi Ciotti, le cui parole hanno scosso la piazza con continue sollecitazioni alla presa di coscienza e all’impegno da parte di tutti, nessuno escluso. Un don Luigi Ciotti per certi versi insolito, che nel lungo intervento, con un intercalare irritato e urticante, ha reclamato a più riprese l’attenzione della piazza per sottolineare la gravità di una situazione da cui può dipendere la vita e la morte dei nostri territori, e che quindi non ammette “diserzioni”. Lo ha fatto rivolgendosi a tutti e a ciascuno dei presenti, ma con un continuo richiamo alla responsabilità di chi ha scelto la politica e le istituzioni come luogo d’impegno, ai quali non è consentito fingere di non sapere o di sottovalutare la gravità di una situazione che coinvolge ormai ogni livello della vita civile ed economica.  

A nessuno dei tanti rappresentanti delle istituzioni è stata data la possibilità di intervenire, e nemmeno di salire sul palco. Una scelta comprensibile (si voleva forse evitare l’effetto passerella) ma discutibile. Oltre al Vescovo, si sarebbe potuto far salire sul palco per un saluto la Ministra, in rappresentanza del Governo nazionale, il Sindaco di Foggia, in rappresentanza della città ospitante, e il Presidente della Regione, per l’intera comunità pugliese. Così come dal microfono sul palco si sarebbero potuto almeno elencare le tante istituzioni e organizzazioni presenti con i loro rappresentanti, anche per meglio identificare un NOI altrimenti indistinto, se non limitato. Vista la palpabile sfiducia che nutrono i cittadini verso le istituzioni, sarebbe stato possibile cogliere l’occasione anche per contribuire a rinsaldare questo legame, dal momento che la forza e l’efficacia della reazione all’emergenza criminale dipenderà anche dalla solidità del rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni, oggi gravemente incrinato.

Nessuna polemica, quindi, perché il plauso e il ringraziamento a Libera e a chi ha cooperato all’organizzazione della manifestazione vanno riconosciuti senza alcuna riserva. Piuttosto la necessità di non fare di quella grande manifestazione e della sua straordinaria carica simbolica e, perché no, anche emotiva, un episodio estemporaneo, bensì l’occasione per delle riflessioni che ne perpetuino gli effetti positivi nei giorni successivi, ed anzi ne generino altri, per passare dalle parole ai fatti, dalla testimonianza all’impegno quotidiano, dallo sfogo all’analisi, dal mormorio alla denuncia, dalla morte, direbbe don Luigi Ciotti, alla vita. Una vita dignitosa, che tale non può essere, è stato giustamente ricordato, senza il lavoro e senza quei diritti che la Costituzione prevede ma che, non da  oggi, stentano ad essere assicurati a chi, per scelta o per destino, vive e, senza rassegnazione, vuole continuare a vivere in questa provincia.

Gaetano Prencipe

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