Venti anni fa, e precisamente il 22 gennaio 1998, la Giunta Regionale della Puglia approvava in via definitiva il Piano Regolatore Generale del Comune di Manfredonia.

Con la pubblicazione della delibera regionale sulla Gazzetta Ufficiale, avvenuta  il successivo 4 marzo, veniva posta la parola fine ad un iter amministrativo durato quasi trent’anni,  che ha avuto inizio nella prima metà degli anni ’70.

Dopo una prima versione del piano, che proiettava lo sviluppo della città in tutt’altra direzione, il progettista incaricato, l’architetto genovese Mauro Ricchetti, fu indotto più volte (dalle tante  amministrazioni comunali nel frattempo succedutesi, e spesso cadute proprio a causa dei contrastanti interessi in gioco), a rivedere il suo operato fino alla versione adottata, non a caso, da un Commissario ad acta, con due delibere, rispettivamente dell’aprile 1992 e del gennaio 1993. Una versione che fu poi sottoposta all’approvazione della Regione Puglia, che a sua volta impose numerose prescrizioni, alle quali il Comune si adeguò definitivamente solo nel 1996, per poi attendere un anno per la definitiva approvazione regionale.

Uno strumento per molti versi nato già vecchio e che portava i segni dei continui rimaneggiamenti.

Nel frattempo, con la realizzazione in variante del 2° Piano di Zona e l’ultimazione delle ultime lottizzazioni (C9 e C11), alla fine degli anni ’80 il Piano di Fabbricazione aveva esaurito le proprie previsioni edificatorie e l’edilizia era in profonda crisi, mentre i prezzi degli appartamenti erano schizzati alle stesse.

A 20 anni di distanza dalla sua approvazione, a che punto è l’attuazione del PRG?

Cosa non ha funzionato? E perché?

L’istituto del comparto edificatorio, previsto dalla legge urbanistica del 1942 come uno degli strumenti possibili ma di fatto poco utilizzato dai comuni, come ha funzionato a Manfredonia? Quali i pregi mostrati e quali i difetti?

L’attenzione in questi anni è stata giustamente accentrata su quei comparti edificatori nei quali, ancora una volta, la realizzazione delle abitazioni ha preceduto quella delle opere di urbanizzazione, in parte  ancora da ultimare (CA1, CA2, CA4, CA5, CA9 e CB3), con i relativi consorzi in grande affanno. A che punto siamo? E che ne sarà di quei comparti, soprattutto quelli di nuova espansione (CA) ma anche quelli di completamento (CB), che non sono ancora partiti?

Quanto manca all’approvazione del PUG, previsto da una legge regionale del 2001 che impone ai comuni di rivedere ed adeguare i loro piani ai più moderni strumenti di governo del territorio? Perché, ancora una volta, ci stiamo mettendo tanto, troppo tempo? Cosa c’è da aspettarsi da questo strumento?

Per avviare la riflessione abbiamo chiesto agli assessori all’Urbanistica che si sono avvicendati in questo ruolo di dare un loro contributo di riflessione, rileggendo la loro esperienza ed il loro operato anche alla luce di ciò che era stato fatto prima e di quello che hanno lasciato da fare a chi è subentrato.

Vogliamo chiedere un contributo di riflessione anche ai professionisti, a chi vi ha lavorato ma anche ai giovani architetti e ingegneri che si sono laureati in questi 20 anni.

E ci piacerebbe sentire anche la voce dei presidenti e dei soci per capire che ruolo hanno svolto le tante cooperative edilizie di abitazione che sono state create ed in che modo esse hanno operato.

L’urbanistica però non è un tema che può essere lasciato solo ai tecnici o ai funzionari ed agli amministratori comunali  e men che meno agli operatori del mercato immobiliare. L’urbanistica riguarda tutti, perché realizza le condizioni di base per la qualità della vita in una città e ne regola l’ordinato sviluppo, anche a beneficio delle future generazioni. Quindi, tutti sono chiamati a parteciparvi.

Ci rendiamo conto che in alcuni casi potremmo toccare ferite ancora aperte e sanguinanti, ma il compito di questo sito internet è anche quello di dare voce a queste situazioni per andare però al di là del contingente e di costruire uno spazio di riflessione comune in cui ci sia posto per l’analisi e per la proposta.

Ci interessa guardare alla realtà concreta, quella che i cittadini vivono tutti i giorni,  ma ci interessa in ugual modo mettere a frutto, nel bene e nel male, l’esperienza di questi 20 anni di urbanistica praticata a Manfredonia per capire insieme ciò che ha funzionato o non ha funzionato ed individuare insieme i possibili rimedi agli errori commessi, ove ancora possibile, e gli strumenti per intervenire.

 

 

One Response Comment

  • Mauro  Febbraio 12, 2018 at 2:19 pm

    Cosa non ha funzionato?
    In primis non ha funzionato l’alta sorveglianza del comune, ove anziché creare una commissione ad hoc comunale, con tutte le problematiche/conflitti di interessi/ecc, che non avrebbe mai potuto fare un granchè, bastava inserire nella convenzione una semplice articolo dove si obbligavano i consorziati a pagare in anticipo le relative urbanizzazioni in base al rilascio del pdc per ogni singolo lotto edificato e si sarebbe risolto il 90% dei problemi, un altro errore sono i fantomatici servizi, costruiti come veri e propri appartamenti, chiusi e richiusi da recinti che non potranno mai ospitare attività commerciali, altro errore aver consumato ettari ed ettari di territorio, che hanno comportato un esborso considerevole in termini di costi per la realizzazione delle urbanizzazioni, bastava forse semplicemente aumentare le volumetrie e costruire palazzine da 6/7 piani e magari riservare un comparto per grandi palazzi e un comparto per palazzine da 2 piani e villette (per chi lo desiderava), inoltre la realizzazione della maggior parte dei fabbricati di max 3 piani attuali, comporta e comporterà una spesa non indifferente anche nel futuro in termini di gestione condominiale…..altro errore le cooperative edilizie, per evitare il moltiplicarsi di finte cooperative, il comune dove assegnare le aree destinate al 40% con requisiti più stringenti a delle vere cooperative dallo scopo sociale reale, invece….altro errore l’assenza del verde (cava foglia docet) …ecc ecc. In conclusione penso che tra le scelte fatte all’epoca e quelle che si possono definire di buon senso, con molta probabilità avrebbero cozzato con una marea di interessi e per di più di accontentamenti.
    Si spera sempre che questa esperienza servi una volta per tutte a non commettere nuovamente gli errori del passato.