Rafforzare la comunità e ricostruire il capitale sociale
di Nicola di Bari e Siponta De Leo
Con questo articolo proviamo a dare una risposta alla domanda finale che il Vescovo Franco Moscone pone nel Suo capolavoro di analisi sulla situazione che si è venuta a creare nella città di Manfredonia relativamente agli interessi perversi che si sono creati tra potere politico, economico-criminale e i cittadini elettori che hanno portato allo scioglimento dell’Ente comunale per infiltrazioni mafiose. In quell’intervento il Vescovo concludeva: “La domanda da porsi è: come è possibile rompere questa alleanza perversa diventata sistema (o come la chiama Giovanni Paolo II “struttura del peccato”) per poter innescare alleanze positive?”.
Alla domanda il Vescovo dava anche una risposta: è necessario dare un “volto nuovo alla politica, ai modelli imprenditoriali, alla rieducazione del senso civico ai singoli cittadini.”
E’ sicuramente la risposta giusta ed è la stessa soluzione che avrebbero dato gli economisti più influenti al mondo che evidenziano che una società che funziona è il risultato bilanciato di una buona governance pubblica, di un’economia orientata non solo al profitto ma anche agli interessi di tutti i portatori di interesse (responsabilità sociale dell’impresa) e da un comunità attenta, partecipata e attiva sul piano sociale.
Per dare anche noi una risposta alla domanda posta dal Vescovo siamo partiti da un dato quantitativo; le famiglie povere, secondo l’ISTAT, dati elaborati per l’anno 2018, nella nostra città sono pari al 33% del totale. Il numero delle famiglie totali sono 20.162 per un carico familiare medio di 2,83 componenti, pertanto le famiglie al di sotto della soglia di povertà sono 6.713 e corrispondono a un numero di cittadini pari a circa 19.000 individui. Un numero enorme di disperati soprattutto giovani e donne. L’ISTAT calcola la povertà assoluta delle famiglie tenendo conto della numerosità del nucleo familiare, della collocazione della città (Nord, Centro e Sud) e della dimensione della città (numero abitanti). Per la città di Manfredonia vengono considerate povere le famiglie che hanno un reddito mensile di Euro 1.038 e un carico familiare di circa 3 persone. E’ del tutto evidente che non viene considerata poiché non stimabile il lavoro nero e l’economia sommersa.
E’ fondamentale porsi un’altra domanda: questi numeri di povertà assoluta sono l’effetto o la causa della situazione di degrado perverso che si è venuto a creare a Manfredonia in questi ultimi anni? A nostro parere è sicuramente una delle cause che ha determinato il circolo vizioso creatosi tra politica, imprenditori e elettori per citare ancora una volta il nostro Vescovo, dovuto alla mancanza di lavoro per insufficiente sviluppo economico.
L’impoverimento delle famiglie dipende molto anche dalla fragilità relazionale che si è venuta a creare negli ultimi decenni, abbiamo assistito ad un isolamento delle famiglie senza o pochi legami relazionali.
Gli impoveriti sono tali non solo perché sono senza reddito temporaneamente o anche per lunghi periodi o hanno un reddito disponibile insufficiente a soddisfare quelli che oggi vengono considerati bisogni primari, ma anche perché sono poveri di relazioni significative, poveri di capitale sociale, soli, e perciò cronicamente attaccati a luoghi come i centri di ascolto e i servizi diocesani.
Le persone che si avvicinano ai centri di ascolto o ai servizi diocesani, soprattutto donne che non provano vergogna o offesa alla loro dignità, hanno bisogno di credere, o tornare a credere, in se e negli altri. Il pacco alimentare è certo un aiuto concreto, ma ciò che conta veramente è il gesto di un dono che non umilia, ma è capace di generare fiducia.
Dono, fiducia, empatia, sono pratiche che appartengono ad una comunità, segno che è nella dimensione di prossimità che si può provare a ripartire con qualche probabilità di successo in più.
Tutto ciò è dimostrato dai tre recenti premi Nobel per l’economia, Esther Duflo, AbhisitBenerjer e Michael Kremar premiati per i loro studi sui beni relazionali e per l’aver dimostrato sul campo che l’esclusione si combatte con le pratiche concrete fatte di piccoli passi, che la povertà non è solo una questione di redditi disponibili quanto di capitale in capo alle persone (educazione e istruzione, formazione e relazioni) e alle comunità locali.
Le politiche pubbliche finalizzate ad agire sulla povertà contribuiscono a stimolare l’attivazione di circuiti generativi di matrice comunitaria e di comunità di cura che si fa operosa.
Più che di navigator ci sarebbe bisogno di operatori di comunità, quali i centri di ascolto Caritas così come le fondazioni comunitarie e le cooperative di comunità, passando per la scuola e il sociosanitario pubblico, rappresentano un asset fondamentale da connettere con la comunità operosa dell’impresa e del lavoro, incluse le relative rappresentanze.
Interessante potrebbe essere la figura del sindacalista di strada e di comunità per dare voce agli invisibili.
La fiducia non si impone dall’alto, ma si costruisce partendo dalle pietre di scarto, per ricostruire capitale sociale e fiducia, che più circolano, più crescono in modo esponenziale, il che rende più ricchi tutti, persone, comunità, imprese e territori.
La povertà si combatte prima di tutto con la speranza, che è la forza che muove tutte le onde, è la forza che sfonda tutte le negatività.
Sembra che anche la scienza abbia dimostrato che una persona:
– può sopravvivere per 40 giorni senza mangiare;
– può sopravvivere per 4 giorni senza bere;
– può sopravvivere per 4 minuti senza respirare;
– non può sopravvivere neanche per un attimo senza la speranza.
La città di Manfredonia e il nostro territorio hanno bisogno di sperare in un futuro migliore per combattere lo stato di rassegnazione, di abbandono, di rancore in cui è precipitata. Una città ripiegata su se stessa ha bisogno di affidarsi alle donne e agli uomini migliori che ha e che possiedono valori quali l’umiltà, la competenza, il coraggio e la visione del futuro.
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