Il racconto di una lunga notte dell’estate 2018
IV Parte
di Gaetano Prencipe
La luce dei lampioni illumina la sede stradale lasciando però entrambi i marciapiedi in penombra. Sono dei marciapiedi larghi e alberati, con delle aiuole ai lati. Per quanto cerchi di guardare tutt’intorno, non c’è nulla che in un primo momento desti la sua attenzione. Guarda anche sotto le autovetture parcheggiate sul lato della strada più vicino al portone di casa. Niente. Finché non si accorge che i lamenti provengono dall’altro marciapiede, oltre il muro di cinta dell’ex ferrovia, che in quel punto è alto poco più di un metro. La zona però è completamente al buio.
Torna quindi in casa e si procura una torcia. Poi scende di nuovo in strada. Poggia i piedi prima sul sedile e poi sullo schienale della panchina in ferro posta a ridosso del muro e vi sale a cavalcioni puntando il fascio luminoso verso la zona sottostante, da dove provengono i lamenti. E’ così che riesce a scorgere il gatto proprio di fianco al muro. E’ visibilmente ferito alle zampe anteriori, che a guardarle sembrano spezzate. Molto probabilmente sarà stato investito da un’auto o forse da un camion mentre attraversava la strada. Non riesce a muoversi ma non si lascia toccare. Anzi, ogni volta che Sarah cerca di avvicinarsi il gatto inizia a soffiarle contro in maniera aggressiva.
“Che faccio, adesso?”, si domanda smarrita, mentre con la torcia fruga tutt’intorno per vedere se ce ne siano altri.
“Torniamo a casa”, le dice la madre, nel frattempo scesa anche lei per rendersi conto dell’accaduto.
“E’ il tuo?”, le chiede nello stesso momento un vicino di casa sceso più che altro per curiosare.
“No, non è il mio”.
“Allora lascialo lì, vedrai che se la caverà ugualmente”.
“Posso vederlo?”, chiede suo figlio, un adolescente con il viso arrossato dai brufoli, salendo sul muretto con in mano una torcia da campeggio.
“Certo”, le risponde Sarah facendogli spazio.
”Ma , è nero?”, osserva quello tirandosi di colpo indietro.
“Si, mi pare che sia proprio nero. Che c’è di strano? ”, gli risponde Sarah.
“Non ti fa paura?”, aggiunge il ragazzino con un’espressione più di disgusto che di spavento. “A me i gatti neri fanno un po’ schifo. Dicono che portino male”.
“Stupidaggini!”, replica Sarah con tono seccato.
“Non possiamo lasciarlo qui a soffrire. Chi possiamo chiamare?”, aggiunge Sarah rivolgendosi alla mamma.
“Ma chi vuoi chiamare a quest’ora?! Non possiamo mica scomodare i Vigili del Fuoco per così poco? Domani, appena fa giorno, proviamo semmai a chiamare i Vigili Urbani. Ci diranno loro cosa fare”, risponde lei con tono deciso.
“Ma mamma, a domani questo non ci arriva! Senti come si lamenta?Ci vorrebbe un veterinario”.
“Ma dove lo troviamo adesso un veterinario?”, replica la mamma. “Dai, Sarah, rientriamo in casa, io ho bisogno di dormire, ed anche tu”.
“E chi dorme, con lui che è ferito e si lamenta in questo modo sotto la mia finestra? Io resto qui”.
“E io invece rientro in casa”, dice la mamma con tono risoluto. “Mi raccomando, lascia acceso il telefonino. Non si sa mai”.
Fine quarta parte
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