Il racconto di una lunga notte dell’estate 2018
V Parte
di Gaetano Prencipe
Quando anche il papà con il figlio adolescente si allontanano in silenzio per rientrare nel portone di casa Sarah rimane sola.
Ha con sé una ciotola di latte, una bottiglia d’acqua e del disinfettante. Non ha paura dei gatti ma la situazione non è certo delle più semplici. Un po’ per le ferite vistose, un po’ per il buio e per il vento che non accenna a smettere, un po’ per la mamma, che ogni tanto si affaccia sul balcone per farle capire che anche lei non riesce a chiudere occhio sapendola giù da sola nel cuore della notte.
Dopo circa un quarto d’ora il telefonino le segnala l’arrivo di un messaggio. E’ la mamma, ovviamente: “ Sarah, perché non torni a dormire? Ci penseremo domani”.
“Non se ne parla! Forse non riuscirò a salvarlo ma sento che la mia presenza può essergli sicuramente d’aiuto”, le risponde immediatamente, aggiungendo alla frase una faccina sorridente.
“Non preoccuparti. Cosa può succedermi? Torna a riposare”, aggiunge poi per rassicurarla.
Il gatto nel frattempo non smette di lamentarsi. Lo fa però con minore frequenza e con toni meno intensi.
Non si ritrae più quando Sarah gli punta contro la torcia per controllare le ferite né quando gli si avvicina per disinfettare la ferita e accostare la ciotola del latte. Continua però a soffiarle contro ogni volta che prova ad accarezzarlo.
Sarah vuole in ogni caso restare lì, seduta alla panchina, finché non fa giorno. E’ certa che stando in casa non riuscirebbe comunque a prendere sonno. Vi ritorna solo per cercare uno scialle da mettersi addosso. Il fresco delle ore notturne inizia a farsi sentire.
Intanto il vento le porta di nuovo alla mente le immagini dei barconi carichi di migranti visti ieri sera in tv.
“ Chissà in quanti stanno attraversando il Mediterraneo in questa notte senza luna”, si chiede preoccupata. “Non possiamo trattarli come fossero dei numeri. Sono persone, ognuna con un volto, un nome ed una storia da raccontare.
Eppure, nei giorni scorsi, a centinaia sono morti nell’indifferenza generale. In un caso pare addirittura che le navi della Marina Militare italiana avrebbero potuto intervenire ed invece hanno ricevuto l’ordine di non farlo perché l’imbarcazione era in acque libiche.
Ma si può ubbidire ad un ordine del genere? Chi porterà quei morti sulla coscienza? Chi ne risponderà?”, si chiede con rabbia.
“… E che ne sarà del Mediterraneo?! Possiamo rassegnarci a vederlo trasformato in un immenso sarcofago?
Eppure, quanta retorica, quanti convegni, quanti verbosi discorsi sono stati pronunciati negli scorsi anni sul mare nostrum. Ma anche quante pagine di buona letteratura sono state scritte sul mare che unisce le terre che bagna, sul “mare della vicinanza”, come lo ha chiamato Pedrag Matvejievic nel suo “Breviario mediterraneo”.
Chissà come avrebbe raccontato quello che sta accadendo, se solo fosse vivo. Come avrebbe spiegato o quantomeno descritto questo coacervo di conflitti, di paure e di speranze tradite …”.
Nel frattempo, il gatto continua a miagolare. Sarah è disperata, non sa cos’altro fare. Gli avvicina la scodella dell’acqua e gli sussurra con dolcezza che deve resistere, che manca poco al giorno e che alla fine ce la farà. Ne è certa.
La panchina nel frattempo è diventata troppo fredda. Preferisce quindi sedersi sul muretto, poggiando i piedi sullo schienale.
Verso le quattro le arriva sul telefonino un nuovo messaggio della mamma:“Ho preparato del tè caldo. Ti va di salire?”.
Non è arrabbiata. Anzi, le fa capire che apprezza quello che sta facendo, anche se non lo comprende del tutto. Ha piuttosto paura che qualcuno possa equivocare vedendola lì sola, seduta su una panchina, e poi vestita in maniera così elegante, con un abito lungo, di colore nero, che le fascia il corpo lasciandole le spalle nude, appena coperte da un ampio foulard di cotone.
In effetti, a vederla, nessuno penserebbe che sia lì per accudire un gatto. Eppure, è proprio quello che sta facendo.
Fine quinta parte
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