Il racconto di una lunga notte dell’estate 2018

VI Parte

di Gaetano Prencipe

Tornata alla panchina, Sarah vi trova seduto un altro gatto, che la guarda come se la stesse aspettando.

E’ diverso da quello ferito. E’ più chiaro e con delle striature colorate, sebbene alla penombra non riesca a distinguerne bene i colori.

Evidentemente era rimasto acquattato a poca distanza ed aveva da lì osservato quanto finora accaduto.

“E tu che ci fai qui? Sei venuto a trovare il tuo amico?”, gli dice Sarah mantenendo sulle prime una distanza di sicurezza.  “Mi spiace ma non è ancora orario di visite. Devo prima vedere come sta il paziente”.

“Abbiamo ospiti!”, esclama poi all’indirizzo del primo gatto, che reagisce ancora in maniera aggressiva ai suoi tentativi di accarezzarlo. In compenso però si lamenta un po’ meno. Evidentemente le ferite gli procurano ancora molto dolore. Sarah ha però l’impressione che inizi ad apprezzare quello che sta facendo per lui. E, a quanto pare, non solo per lui.

“ Quando sai che c’è qualcuno che ti attende, hai un motivo in più per resistere. Questo credo che valga anche per voi gatti”, le sussurra scavalcando il muretto.

“Forza, se non vuoi il latte prova almeno a bere dell’acqua”, le ripete con dolcezza mentre gli avvicina la  ciotola.

Sarah disinfetta di nuovo la ferita e gli dà da bere, come ha fatto ogni mezz’ora per tutta la notte. Torna poi a sedersi sul muretto, con i piedi poggiati sul bordo della spalliera, mentre il secondo gatto se ne sta comodamente accovacciato sulla panchina senza darle retta. O almeno così le pare.

“Chissà cosa vi passa per la testa. Mi piacerebbe proprio saperlo”, dice rivolgendosi ad entrambi.

“Lo sapete che nel racconto della creazione c’è scritto che in principio siamo stati creati insieme, nello stesso giorno, e che siamo stati  animati dallo stesso soffio di vita? L’ho riletto da poco. Vorrà pur dire qualcosa?!  

Alcuni animali sembra che ne siano consapevoli. Voi un po’ meno, a dire il vero.”, aggiunge Sarah.

“In realtà, a vedere quello che sta succedendo, temo che anche gli uomini non sappiano più cosa significhi far parte della stessa umanità. Figuriamoci se si sentano responsabili anche di voi animali come del resto del creato: delle piante, del mare, del clima … Nessuno se ne vuole più prendere cura …”, continua con amarezza.    

Il secondo gatto non  pare particolarmente interessato alle sue riflessioni, sebbene se ne stia seduto sulla panchina senza muoversi. Ogni tanto si gira verso di lei guardandola fissa negli occhi senza però far trapelare nulla di comprensibile.

 

Fine sesta parte

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