Parlare del mercato ittico di Manfredonia vuol dire occuparsi nello stesso tempo di due aspetti diversi del problema: il servizio mercatale e l’immobile nel quale questo servizio è stato per anni esercitato.
La distinzione è opportuna perché ci aiuta a capire meglio quello che sta accadendo e che potrà accadere di qui a poco.
Partiamo dall’aspetto più semplice, o che almeno così appare: l’immobile.
Lo conosciamo tutti. Personalmente credo che dal punto di vista architettonico sia la più bella opera pubblica realizzata da più di un secolo a Manfredonia e di sicuro tra le più belle della provincia di Foggia.
Un’opera che potrebbe ben figurare come sede di un museo di arte contemporanea, grazie anche alla straordinaria collocazione in riva al mare.
L’ha progettata l’ing. Antonio Gentile, al quale va il merito di aver dato alla città un’opera pubblica dalle caratteristiche altamente innovative, per stile e materiali utilizzati. E se alcune soluzioni architettoniche non fossero state modificate in peggio in fase di esecuzione il risultato sarebbe stato anche migliore.
Molto attesa dalla marineria locale, che da anni lamentava l’inadeguatezza e l’insufficienza degli spazi e delle attrezzature della vecchia struttura mercatale (poi ristrutturata e divenuta sede del LUC), l’opera è costata al Comune quasi 6 milioni di euro, mica poco! E’ stata finalmente inaugurata nel 2004, con Paolo Campo Sindaco.
Alcuni limiti la struttura l’ha mostrata nell’organizzazione degli spazi interni e nella loro funzionalità. Ma il vero problema nasce dal fatto che è stata realizzata su un’area del demanio marittimo, data in concessione al Comune nel 1981 per trent’anni. Scaduta il 31.12.2001, la concessione è stata rinnovata nel 2004, ad un canone annuo di circa 5 mila euro, a far data dal gennaio 2012, ed è stata nuovamente rinnovata il 10 aprile 2017 con un canone il cui importo è ancora oggetto di discussione: il Comune punta a pagare un canone agevolato, c.d. ricognitorio, pari a circa € 10.117,00 all’anno ( poco meno della cifra stanziata dalla ragioneria comunale in una recente delibera), mentre l’Autorità Portuale ne chiede circa dieci volte tanto, ossia 113.726,00 euro.
Al momento, il rapporto tra Comune e nuova Autorità Portuale (l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale) è ancora in fase di definizione e non solo per il canone. Ma di questo dirò dopo.
Veniamo al servizio. La legislazione in materia, che risale al 1959, stabilisce che il mercato ittico all’ingrosso possa essere realizzato e gestito su iniziativa sia di Enti pubblici sia di operatori del settore riuniti in consorzio. Il servizio consiste essenzialmente nella gestione dell’asta pubblica, un sistema di incontro tra la domanda e l’offerta alternativo alla trattativa privata. Nel primo caso è appunto l’asta pubblica a stabilire il prezzo di vendita del pescato, ed è gestita in maniera tale che pescatori e acquirenti all’ingrosso non vengano in contatto diretto. Un sistema che consente di raggiungere un prezzo più alto a beneficio dei pescatori rispetto a quello risultante dalle trattative dirette, nelle quali è normalmente il commerciante a dettare le condizioni (specie perché si tratta di un prodotto facilmente deperibile).
A Manfredonia il mercato ittico all’ingrosso è sempre stato un mercato di produzione (riservato al pesce pescato dalla nostra marineria) ed ha operato sempre con il sistema dell’asta pubblica: sia con la gestione diretta del Comune all’interno della vecchia struttura, sia con l’affidamento in concessione della gestione da parte del Comune al COGEMIN, il Consorzio appositamente costituito per la gestione del mercato ittico (che aveva come soci anche il Comune, la Provincia e la Camera di Commercio, oltre a diverse cooperative di pesca), avvenuta nel 2004.
Tale ultima concessione al Consorzio comprendeva sia il servizio sia la nuova struttura, allestita con costose dotazioni impiantistiche anche per l’asta elettronica (mai entrata in funzione) ed altri servizi che ne avrebbero dovuto potenziare l’attrattività rispetto alla vecchia struttura.
In realtà, con il passare del tempo, i pescherecci che conferivano il pescato al mercato sono progressivamente diminuiti sino a ridursi a meno di una decina. Un numero che ha reso sempre più insostenibili i costi della gestione.
Le ragioni sono tante, e meritano una trattazione a parte.
Nel frattempo, com’è noto, il Consorzio nel 2011 è stato posto in liquidazione volontaria e nel 2004 ne è stato dichiarato il fallimento. A fallire ovviamente non è stato il mercato ittico ma la società che lo gestiva, al quale la struttura ed il servizio erano stati affidati in concessione.
Il Comune, dopo aver provato nuovamente a gestire direttamente il servizio (in attesa dello svolgimento di due gare andate deserte), trattandosi di attività in perdita, ha pensato bene di affidarlo all’ASE, che, com’è noto, si occupa di rifiuti e non ha mai vissuto giorni tranquilli dal punto di vista economico e finanziario. La gestione dell’ASE è durata due anni, dal 23 aprile 2015 al 3 agosto 2017, dopo di che la società ha alzato bandiera bianca per l’insostenibilità dei debiti e … punto e a capo!
Cessato il servizio mercatale, la struttura ha però continuato a funzionare, come per inerzia: bar aperto, luci accese, uffici occupati, macchine in parcheggio, alloggio del custode abitato, etc. E chi paga? In realtà la domanda veniva posta da tempo, con il Consorzio ancora in attività, ma c’era chi riteneva che nei “costi sociali” di una struttura al servizio della pesca dovessero rientrare anche questi e magari altri costi, tutti da porre a carico della gestione e , in ultima istanza, del Comune.
Insomma, il tipico esempio negativo di come alle nostre latitudini viene inteso il bene comune: un bene di tutti e di nessuno, o meglio, di chi riesce a metterci le mani sopra!
E adesso?
Intanto, si è pensato bene di tornare in possesso dell’intera struttura, liberandola dagli occupatori abusivi (quelli che una recente delibera di Giunta chiama elegantemente occupatori sine titulo). Se ne andranno in fretta? Vedremo.
Poi, con una delibera del 19 dicembre 2017, la Giunta ha deciso di affidare per due mesi il servizio ed una parte della struttura ad un consorzio di operatori locali. In che modo avverrà la scelta e perché solo per due mesi? La delibera non lo spiega.
E la struttura? Dalla stessa delibera pareva che il Comune volesse a rimanere titolare della concessione demaniale marittima, a fronte del pagamento di un canone agevolato, per poi darla in gestione al soggetto affidatario del servizio.
In realtà, nelle scorse settimane ha preso improvvisamente corpo una soluzione diversa rispetto a quella prefigurata nella citata delibera. In una riunione tenuta il 20 febbraio a Bari presso la nuova Autorità Portuale, il Comune ha formalmente espresso la volontà di rinunciare alla concessione demaniale in favore di una Cooperativa di produttori ittici (cooperative e imprese di pesca), da poco costituita, e ha dichiarato di volersi comunque impegnare a sostenere le spese per gli “interventi manutentivi straordinari necessari al ripristino della funzionalità del mercato ittico” (ridotto evidentemente male), sulla base di un progetto che lo stesso Comune dovrà presentare.
Ovviamente, la decisione finale spetta al Presidente dell’Autorità Portuale, che per ora, in una nota inviata al Comune, e resa pubblica nei giorni precedenti alle elezioni, ha manifestato la disponibilità ad esaminare tale soluzione “nel rispetto di quanto previsto nelle normative vigenti” (il che non esclude che si debba procedere ad una gara).
Sulla base di tale disponibilità, la Giunta, con una delibera del 2 marzo scorso, ha già revocato la precedente delibera del 19 dicembre ed ha deciso di rinunciare alla concessione demaniale rilasciata in favore del Comune nel 2017, delibera che diventerà efficace dopo lo sgombero dei locali e la formale sottoscrizione dell’atto di rinuncia, con la riconsegna definitiva della struttura libera e vuota all’Autorità portuale.
E’ evidente che l’obiettivo, del tutto condivisibile, è quello di favorire al più presto la ripresa dell’attività del mercato ittico a beneficio dei pescatori ed a tutela della giusta remunerazione del loro duro lavoro per mare.
Viene però spontaneo chiedersi: visto che alla fine l’oggetto dell’affidamento sarà solo la struttura (per la quale si chiede di pagare un canone inferiore a mille euro al mese), a fronte di quale progetto di gestione avverrà l’affidamento? Che ruolo intende mantenere il Comune? Quali garanzie saranno chieste al soggetto privato per una corretta gestione del servizio e della struttura? Cosa si pensa di fare in concreto per convincere i pescatori a conferirvi il pescato?
Le buone intenzioni non bastano. Di errori in passato ne sono stati fatti tanti ed è bene ponderare attentamente e senza fretta le possibili soluzioni per evitare di sbagliare di nuovo.
E’ necessaria quindi una discussione pubblica su tutti gli aspetti della vicenda, a partire dal servizio e dalla struttura, entrambi beni comuni di primaria importanza per la comunità cittadina e la sua economia. Ed il luogo di questa discussione non può che essere il Consiglio Comunale. Quindi, adelante … cum judicio!
Gaetano Prencipe
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Manfredonia. Mercato ittico: cum… grano salis!?
La gestione del Mercato Ittico all’Ingrosso di Manfredonia negli ultimi anni della sua pseudo attività registrò perdite per milioni di euro. E’ appena il caso di ricordare il fallimento del Consorzio che gestiva il mercato ittico (società Co.Ge.M.I.M.), dichiarato nel 2014 dal Tribunale fallimentare di Foggia.
Nonostante le forti perdite di gestione “l’azienda mercato ittico” riuscì a mantenersi, e a continuare la sua deficitaria attività, solo perché i nostri amministratori comunali, per scelte di natura politica, di fatto, posero a carico dei bilanci del Comune (e quindi sui cittadini contribuenti) lo squilibrio economico-finanziario del servizio mercatale.
Pochi anni addietro, rispettivamente nel 2012 e nel 2013, il Comune tentò, invano, di portare a buon fine due gare in concessione per l’affidamento della gestione del mercato e del relativo complesso immobiliare, mediante procedura aperta.
In entrambe le gare il Comune prese atto della diserzione delle medesime, e nel 2014 incaricò l’Azienda pubblica in house ASE SpA ad elaborare delle ipotesi progettuali volte al risanamento della gestione del mercato ittico, per il rilancio del medesimo e la valorizzazione del pescato locale.
Con l’affidamento, in via sperimentale e provvisoria, della nuova gestione all’ASE i risultati ottenuti furono tuttavia assolutamente deludenti, anche perché la società partecipata e controllata dal Comune non possedeva quelle conoscenze adeguate e necessarie (kwow how) per gestire un’attività che non appartiene alla sua esperienza e alla sua “storia”.
Le cause “economico-finanziarie” di questi sistematici insuccessi gestionali degli ultimi anni vanno ricercate, principalmente, nella constatazione che il nostro mercato ittico, in realtà, non era un vero mercato.
Correttamente, si ha un qualsivoglia mercato solo quando esiste una domanda e un offerta di un dato bene o servizio. In termini strettamente economici, quindi, dicesi mercato il complesso delle domande e delle offerte di un dato bene o servizio. Dal complesso delle domande e delle offerte di una data merce si forma il prezzo di quella merce.
Nella fattispecie, la domanda e l’offerta di pesce non si concentravano sul nostro mercato ittico se non in misura assolutamente irrisoria. E’ noto che erano pochissimi i produttori che conferivano il pescato al mercato.
Tra l’altro, il pesce d’allevamento (acquacoltura la cui produzione è in forte espansione) e il pescato dei grandi motopesca, che io sappia, non veniva conferito sul mercato ittico.
Pochissimi, anche, gli operatori della piccola pesca che conferivano il prodotto sul mercato ittico.
Il mantenimento e il funzionamento di una struttura come il mercato ittico di Manfredonia, comporta il sostenimento di costi (personale, attrezzature, amministrazione, canoni di concessione, utenze, servizi vari, ecc.) per almeno 500-600 mila euro all’anno. Per raggiungere e mantenere “l’equilibrio economico della gestione” i ricavi devono essere almeno altrettanti.
I ricavi di un mercato ittico sono costituiti, quasi esclusivamente, dai diritti d’asta (se non erro fissati al 6% su tutto il prodotto venduto), versati al Concessionario a mezzo del servizio di cassa del mercato, gestito da un Istituto di credito. Per raggiungere il punto pareggio costi-ricavi della gestione il fatturato (pescato venduto) dovrebbe ammontare a circa 10 milioni di euro all’anno!
Per conseguire un simile volume di ricavi (fatturato) occorrerebbe che almeno i ¾ dei nostri motopesca piccoli e grandi (150 imbarcazioni su circa 200) conferissero il pescato solo al mercato ittico!
Relativamente ai motivi del mancato conferimento del pesce al mercato, questi vanno ricercati nel contesto reale – generale e specifico – in cui operano i produttori.
Sono molti gli operatori che lamentano la scarsa organizzazione ed efficienza del mercato ittico con procedure e tempi d’asta eccessivi. Tuttavia, io ritengo che tale motivazione sia pretestuosa in quanto procedure e tempi d’asta possono essere rivisti e migliorati.
Un’altra delle ragioni del mancato conferimento del pescato va ricercata nella misura dei diritti d’asta (6%), considerata eccessiva dagli operatori i cui margini di guadagno, in questi ultimi anni, si sono fortemente ridotti per i motivi a tutti noti.
Purtuttavia, anche in questo caso non credo che sia questa la ragione fondamentale dei problemi del nostro mercato ittico. In tal caso, basterebbe ritoccare al ribasso i diritti d’asta per incentivare il conferimento del pesce. Misura che io ritengo, comunque, necessaria ma non sufficiente per tentare il rilancio del settore.
E allora perché i nostri pescatori non conferiscono il pescato al mercato? Qual è la vera ragione?
Da quanto mi è dato di sapere, la legislazione nazionale e comunitaria del settore riconosce al produttore la facoltà di vendere il pescato sulla banchina del proprio porto o di altri porti direttamente ai grossisti, e anche al dettaglio (consumatori finali).
Gli unici “vincoli” per il pescatore sono rappresentati dalla certificazione sanitaria del pescato e dal rilascio della ricevuta e/o della fattura di vendita (immediata o differita) al compratore.
Dobbiamo riconoscere che la facoltà di vendere il pescato sulla banchina del porto è ampiamente utilizzata dai pescatori, soprattutto della “grande pesca”, perché risulta non soltanto molto più comoda (si evita di trasportare il pesce al mercato ittico e si risparmia su ulteriori costi e sui tempi di lavoro), ma anche più remunerativa (si spuntano prezzi più alti).
Per quanto concerne il prezzo del pesce, infatti, molti operatori sono convinti, a torto o a ragione, che i prezzi che formano sul mercato ittico non sono né trasparenti e né remunerativi, in quanto i commercianti presenti all’asta spesso “fanno cartello sulle quotazioni di mercato”, ovviamente al ribasso e in danno dei pescatori.
Ora, se fosse vero quanto brevemente descritto, non ci si dovrebbe meravigliare del fatto che i pescatori “scavalcano” il mercato ittico e vendono il pesce fuori dal medesimo. Quasi tutti i pescatori, sempre della cosiddetta grande pesca, hanno il proprio commerciante grossista o dettagliante di riferimento che si presenta all’appuntamento (sulla banchina del porto) per acquistare e caricare il pescato (a prezzi già definiti e concordati). Non sono rari, inoltre, i casi di vendita del pescato sulle banchine di altri porti (per esempio Termoli)!
Ciò premesso, è possibile rilanciare il nostro mercato ittico? Esistono delle strategie e delle azioni che si possono intraprendere per superare le criticità brevemente sopra indicate?
Mi limito solo a indicare alcune misure e azioni che possono essere utili allo scopo.
Talune le ho già brevemente citate:
• rivedere e migliorare gli orari, le procedure e i tempi d’asta del pescato conferito;
• ridurre i diritti d’asta (il c.d. aggio del mercato) dal 6% al 3/4%.
Inoltre, occorre:
• promuovere il prodotto ittico a km zero integrando la vendita all’ingrosso con l’avvio della vendita al minuto del pescato fresco, soprattutto del pesce a basso valore aggiunto (cosiddetto povero) approvando un “avviso pubblico” per l’assegnazione di un congruo numero di posti vendita: l’obiettivo è far diventare il mercato ittico un punto di riferimento per i consumatori finali amanti del pesce, che potranno trovare prodotti appena pescati al giusto prezzo;
• i posti vendita, ricavati all’interno del mercato ittico, potranno essere benissimo assegnati anche ai produttori, i quali avranno l’opportunità di vendere al dettaglio il pescato fresco di propria cattura o raccolta; tale vendita al minuto costituirà un’importante novità e opportunità non solo per i pescatori, ma anche per i nostri cittadini, per i forestieri e per i turisti consumatori;
• rendere più funzionale la struttura del mercato sul piano tecnico, organizzativo e gestionale: qui le proposte degli operatori sono di estrema importanza;
• favorire la costituzione di società cooperative di piccola pesca nelle quali i soci si impegnano (per statuto e a pena di esclusione dalla società) a conferire il pescato in cooperativa, che a sua volta si impegna a conferirlo sul mercato ittico; anche in questo la volontà degli operatori, al di là delle solite frasi e chiacchiere di circostanza, è essenziale per risolvere la questione “mercato ittico di Manfredonia”;
• affidare la gestione della struttura ad una società di diritto privato compartecipata anche dalle cooperative di pesca riunite in un Consorzio (nella quota di capitale ritenuta opportuna che sarà oggetto di negoziato con i soci privati interessati);
• individuare un Amministratore (non è necessario un consiglio di amministrazione) e un dirigente di comprovata esperienza nel settore mercatale del pesce, selezionati in base ad esclusivi criteri di merito;
• aggregare e promuovere la filiera ittica puntando sugli attori del settore (produttori, commercianti, eventuali aziende di trasformazione) al fine di sviluppare la produzione e la vendita dei prodotti ittici, ampliando anche i relativi servizi;
• avviare azioni di formazione e informazione per i protagonisti del settore e per i consumatori;
• impiegare personale operativo strettamente necessario per assicurare il servizio;
Adesso posso tentare di dare una risposta alla domanda fondamentale, ovvero: in concreto è possibile rilanciare il nostro mercato ittico?
Come ho già detto, per raggiungere e mantenere l’equilibrio economico della gestione di una struttura come il mercato ittico di Manfredonia, negli importi di costi, volumi di vendita e risultati economici che ho già indicato, è assolutamente necessario che gran parte dei produttori, singoli o in cooperativa, conferiscano il pescato solo al mercato ittico.
Occorre avere l’onesta intellettuale di riconoscere che questo è un obiettivo estremamente difficile da realizzare. Molti pescatori sono abituati, da molti anni ormai, a vendere il pescato fuori dal mercato e non sarà facile convincerli a cambiare abitudini…
La legislazione nazionale e comunitaria del settore ittico, come ho già detto, riconosce al produttore la facoltà di vendere il prodotto sulla banchina del proprio porto o di altri porti direttamente ai grossisti, ai dettaglianti e ai consumatori finali.
Le “linee strategiche”, brevemente sopra descritte, costruiscono una condizione necessaria ma non sufficiente per lo sviluppo del mercato ittico di Manfredonia.
Credere di risolvere la grave crisi, che da diversi anni ormai attraversa il nostro mercato è un’illusione se, in prima fila, non si mobilita la categoria dei pescatori insieme al mondo delle cooperative che li riguarda.
Mentre nel recente passato era possibile gestire, in perdita , attività d’impresa sulla base di considerazioni politico-sociali, oggi per effetto dei vincoli finanziari e di bilancio (vedi patto di stabilità interno e pareggio di bilancio), derivanti dalla nostra appartenenza all’Unione europea, determinate scelte politiche “extraeconomiche” che incidono pesantemente sui bilanci dell’Ente pubblico di riferimento (Stato, Regioni, Comuni, ecc.), e quindi sui cittadini contribuenti, sono diventate estremamente difficili da realizzare.
Se la politica e il “pubblico” fanno un passo indietro, sono soprattutto i pescatori di Manfredonia che devono, invece, fare un passo avanti…
Raffaele Vairo