La vicenda si trascina ormai da troppo tempo per non essere nota anche a chi non è addetto ai lavori. E’ il pasticcio, anzi il pasticciaccio, direbbe Gadda, della Gestione Tributi, ossia della società che ha in concessione dal Comune di Manfredonia l’attività di accertamento e di riscossione dei tributi locali.

Provo comunque a fare una sintesi, a beneficio dei meno informati.

Comunità e territorio | Tasse

Fonte: teleborsa.it

Nel 2007, per svolgere tale attività, il Comune di Manfredonia pensò bene di creare una società mista, con il 60% del capitale in mano pubblica, e di scegliere con una gara il socio privato di minoranza, cui sarebbe spettato  il compito di apportare la professionalità e l’esperienza nel settore specifico, nonché gli strumenti  necessari per l’organizzazione e la gestione dell’attività.

Vi erano buone ragioni per ritenere che tale soluzione potesse garantire maggiore efficienza ed efficacia al servizio, soprattutto negli accertamenti e nel recupero dell’evasione, visto che si sarebbe in tal modo potuto scegliere e contare su un socio privato cui poter affidare tutta la parte gestionale ed operativa, mantenendo però in capo al Comune i poteri propri di un socio di maggioranza.

Ci si voleva lasciare alle spalle il rapporto con la GEMA SpA, il precedente agente concessionario, che, fallito nel 2013, oltre ai danni causati per mancati accertamenti e mancati recuperi del già accertato, ha portato con sé (si fa per dire) più di otto milioni di euro dei contribuenti manfredoniani mai trasferiti nelle casse comunali (almeno questo sostiene lo stesso Comune, sebbene si sia poi visto rigettare l’insinuazione al passivo per tale somma, non essendo riuscito a darne concreta prova documentale),

In ogni modo, posto che l’operato degli agenti concessionari ha sempre e dovunque manifestato vischiosità e zone d’ombra, ogni amministrazione farebbe bene a dotarsi di professionalità interne in condizione di svolgere un compito di vigilanza e di controllo effettivo e sistematico, e non sommario e periodico, se non episodico, dell’andamento dell’attività di riscossione. E ciò a prescindere dalla scelta del sistema che si voglia adottare per la riscossione (affidamento ad un soggetto privato, gestione diretta c.d. in housing, società mista pubblico-privato, etc…).

Ed invece, con l’affidamento del servizio alla nuova società mista, l’Ufficio Tributi del Comune di Manfredonia, ormai deficitario ed inadeguato al compito, è stato definitivamente smantellato ed il personale è stato adibito ad altri servizi.

La soluzione adottata dal Comune di Manfredonia è comunque piaciuta anche al Comune di Monte Sant’Angelo, che nel 2010 ha chiesto ed ottenuto di entrare nella società Gestione Tributi SpA: ne ha acquistato il 2% delle azioni e le ha affidato il relativo servizio.

Quanto al socio privato, nel corso degli anni successivi si è assistito ad un balletto con continui cambi di dame (ma non di ballerini), che lascia a dir poco perplessi: il socio privato AIPA Spa, scelto con una gara pubblica, è fallito ma prima di fallire ha trasferito il ramo d’azienda, comprensivo della partecipazione e dell’incarico nella società mista, al Gruppo KGS SpA , che lo ha trasferito a sua volta alla controllata MAZAL Global Solutions Srl; anche quest’ultima è poi fallita, per cui, lo scorso anno, il ramo d’azienda è stato ceduto alla Adriatica Servizi Srl, una società foggiana appena nata. Della serie: non sai chi ti metti in casa!

Le perplessità su tale modello di gestione sono fortemente aumentate dal 2010 in poi, col passaggio del testimone di sindaco da Campo a Riccardi. Quest’ultimo, ritenendo, tra l’altro, che la misura dell’aggio fosse troppo alta e che andasse sensibilmente ridotta, sin dall’inizio del suo primo mandato è sembrato che volesse rimettere in discussione la soluzione adottata dal primo, senza nemmeno attendere che il contratto arrivasse alla scadenza naturale, prevista per il 7 dicembre del 2016.

In realtà, al di là dei borbottii, si è poi arrivati alla scadenza contrattuale senza  neanche predisporre per tempo la nuova gara e senza proporre una concreta alternativa alla società mista.

A contratto scaduto, la Giunta ha affidato ad una commissione di esperti il compito di studiare e suggerire quale fosse la soluzione migliore. La risposta è stata la seguente: valutati i pro e i contro, data la situazione attuale, la soluzione preferibile è quella della società mista. Perciò, a fine aprile del 2017, la Giunta ha deciso di proporre al Consiglio Comunale tale soluzione, senza però nel frattempo organizzare la nuova gara ed affrontare alcuni aspetti problematici di tale soluzione, che la Commissione non ha mancato di evidenziare.

Il Consiglio Comunale si è finalmente espresso a fine gennaio scorso, dopo appena otto mesi, ed ha confermato la scelta dell’attuale società mista, stabilendo che bisogna fare la gara (solo) per selezionare il nuovo socio privato (gara da espletare con calma, entro  il 31.12.2018), imponendo nel frattempo al concessionario, in regime di proroga c.d. tecnica (definita tale perché il servizio non può essere in alcun modo interrotto), una sensibile riduzione dell’aggio  attualmente percepito (sulla base però, di dice in delibera, di una formale disponibilità offerta dalla stessa società al Comune, con nota del 18.12.2017, in caso di ulteriore proroga tecnica).

Perché ci è voluto tanto tempo per decidere? E, soprattutto, perché la Gestione Tributi Spa nei giorni scorsi ha impugnato dinanzi al TAR la decisione del Consiglio Comunale di procedere alla gara per la scelta del nuovo socio (anziché limitarsi semmai a contestare la sola decisione di ridurre nel frattempo l’aggio)?

E’ presto detto: il socio privato, e con lui tanti sostenitori (anche di diverso colore politico), sin da prima della scadenza del contratto di servizio, aveva chiesto al Comune di prorogare il contratto alla prima scadenza, avanzando la tesi secondo cui il Comune non fosse obbligato a fare una nuova gara in quanto nel contratto di servizio e nel bando di gara c’è scritto che “Il contratto di servizio potrà essere prorogato o rinnovato, se consentito dalle norme vigenti alla scadenza del contratto”.

Il fatto che il Comune “possa” e non che “debba” prorogare sarebbe di per sé sufficiente per dirimere la questione ed accettare comunque la decisione del Consiglio Comunale (anche ammesso che sia discrezionale).

Si sostiene però in ricorso che il Consiglio Comunale in questa decisione sarebbe stato “fuorviato” dal Segretario Comunale, che ha espresso parere negativo alla proroga, sostenendo in sintesi che tale possibilità non sia più prevista dal nuovo Testo Unico del 2016 (ossia da una “… norma vigente alla scadenza del contratto”).

A sostegno della tesi pro-rinnovo, si invoca invece un parere dell’ANAC, secondo cui tale diniego, divenuto ormai principio generale, potrebbe anche non applicarsi a contratti in essere al momento dell’approvazione della nuova legge. Si  omette però di aggiungere che per l’ANAC ciò potrebbe essere possibile solo laddove la proroga, pur prevista in contratto, rientri in determinati limiti temporali espressamente indicati (in altri termini, bisognava dire sin dall’inizio, e farlo sapere anche agli altri concorrenti, che alla scadenza sarebbe  stato possibile prorogare il contratto per una periodo pari alla sua durata o al doppio … o al triplo, ma non ad libitum (anche perché il bando ne avrebbe dovuto tener conto nella quantificazione del valore complessivo del contratto). Questo è però un aspetto tecnico e quindi discutibile del problema, ormai sub judice.

Ciò che più rileva è che, dopo una discussione così lunga e travagliata, che ha impegnato per mesi l’amministrazione e tutte le forze politiche, la decisione del Consiglio Comunale venga impugnata e contestata da una società in cui il Comune ha la maggioranza assoluta. Un vero e proprio schiaffo! Viene da dubitare che il controllo della società sia davvero in mano al socio di maggioranza.

Ovviamente, il servizio nel frattempo va avanti di proroga in proroga (sulla base di delibere non sempre tempestive) e continuerà chissà fino a quando, mentre restano sullo sfondo questioni di non poco conto ancora da affrontare (si è proprio sicuri che, con la scadenza del contratto di servizio,  a scadere sia solo il rapporto con il socio privato e non anche quello con la stessa Gestione Tributi SpA? E, vista la mancanza di disposizioni statutarie che forniscano una chiara disciplina al tema della liquidazione del socio privato “scaduto” e della vendita delle relative azioni al subentrante, non può essere che si faccia prima a metterla in liquidazione e costituire una nuova società mista, cui trasferire il personale e l’altra concessione comunale?).

Sempre nel frattempo, sollecitato dalla Corte dei Conti (che ha censurato la decisione di smobilitarlo del tutto, privandosi così di un pur minimo sistema di vigilanza), il Comune ha iniziato anche a  ricostituire l’Ufficio Tributi, almeno sulla carta.

In conclusione, nel quadro generale della situazione finanziaria del Comune di Manfredonia, dipinto a tinte fosche dalla Corte dei Conti, il tema dell’accertamento e della riscossione dei tributi locali assume un’importanza centrale e sempre più vitale per questa (come per qualsiasi altra) amministrazione cittadina, soprattutto a seguito della progressiva riduzione dei trasferimenti statali e la tendenziale autonomia fiscale degli enti locali. C’è più che mai bisogno di posizioni chiare e nette: non è più tempo di rinvii  e approssimazioni.

Gaetano Prencipe

 

 

One Response Comment

  • Raffaele Vairo  Marzo 21, 2018 at 7:21 pm

    Caro Gaetano,
    ho letto con grande attenzione e interesse il tuo articolo e devo dirti che, per molti aspetti, è “illuminate”. Devo però anche dirti che lo avrei apprezzato, molto di più, se lo avessi scritto in tempi non sospetti… Ma come si suole dire: meglio tardi che mai!
    Ciò premesso, credo di non sbagliare nel sostenere che la “genesi” del gravissimo squilibrio economico-finanziario del Comune di Manfredonia sia da imputare: “al mancato incasso di più di otto milioni di euro dei contribuenti manfredoniani mai trasferiti nelle casse comunali”.
    Il rigetto, poi, dell’insinuazione al passivo, per tale somma, nella procedura fallimentare dell’ex agente concessionario GEMA SpA, “per non essere riusciti a darne concreta prova documentale”(sic), è di una gravità cosi estrema da poter essere considerato un fatto imperdonabile sia per il livello politico (gli amministratori comunali) che per quello gestionale (i dirigenti responsabili).
    Ma non basta, posto come correttamente dici: “che l’operato degli agenti concessionari ha sempre e dovunque manifestato vischiosità e zone d’ombra” l’Amministrazione comunale anziché istituire e/o potenziare l’Ufficio Tributi, “in condizione di svolgere un compito di vigilanza e di controllo effettivo e sistematico” sul Concessionario del servizio, lo smantella completamente adibendo e distribuendo il personale ad altri servizi.
    Non ci sono, veramente, parole…
    E mi fermo qui per carità di patria!
    Cordialità.
    Raffaele Vairo