di Nicola di Bari
Per uscire da una crisi economica che continua a produrre diseguaglianze e frammentazioni sociali, e che alimenta le risposte sbagliate dei populisti e dei sovranisti, esiste una via nuova, anzi antica, per risolvere conflitti e rinsaldare comunità in disfacimento: la cooperazione.
Forte della riflessione sugli errori fatti nel passato e sui suoi usi impropri, il modello cooperativo può ancora rispondere alle sfide in atto a livello sociale, politico ed economico e rivelarsi motore di crescita e innovazione.
Si tratta di un’opportunità ancora reale e concreta, che potrebbe consentire di porre le basi per rivitalizzare e rinsaldare la società civile e l’assetto democratico di intere comunità.
In ogni parte del mondo la cooperazione ha risolto conflitti e rinsaldato Comunità.
In passato, nel nostro Paese, esempi pratici e virtuosi ce ne sono stati tantissimi, specie nelle Regioni Emiliane e Toscane. Meno al sud, dove l’esperienza cooperativa ha avuto più difficoltà ad affermarsi, tranne che a Manfredonia, dov’è nata la MUCAFER , una cooperativa di costruzione che per oltre quarant’anni ha rappresentato per l’intero territorio un esempio riuscito di crescita economica, occupazionale, sociale e un modello di innovazione e formazione. E oggi che non c’è più se ne sente pesantemente la mancanza.
La crisi in atto dal 2008 ed il fallimento delle ricette via via sperimentate per mettere gli Stati a riparo dagli arbitri del mercato globale, hanno eroso le fondamenta del sistema democratico di rappresentanza e favorito lo svilupparsi di un clima di risentimento generalizzato, espresso con diffusi atteggiamenti di sfiducia e di rancore verso le elite al governo e di ostilità verso gli immigrati, visti come una minaccia alla sicurezza e al nostro precario livello di benessere.
Oggi la sfida da affrontare è doppia: occorre da un lato delineare un assetto economico e sociale adeguato ai problemi attuali, dall’altro avviare un processo capace di armonizzare la frammentazione individualistica figlia di una pseudocultura liberistica.
Di fronte all’apparente mancanza di alternative ad un sistema economico che si mostra incapace di individuare una vera e seria via d’uscita dalla crisi, la strada della cooperazione si rivela ancora capace di gestire servizi, produzioni e scambi, operando in modo autonomo, con una presenza e un valore socialmente rilevanti.
Oggi il sistema della cooperazione vanta due milioni di occupati e sei milioni di volontari, e si offre quale modello strategico alternativo a quello liberistico e al ritorno allo stato-imprenditore.
La progettazione partecipata allo sviluppo economico, sociale e occupazionale attraverso la cooperazione è una “terza via “ possibile, che in Puglia, grazie alla Legacoop Regionale e al suo Presidente, si sta percorrendo anche attraverso la promozione di “cooperative di comunità” in quei paesi oggetto di spopolamento e di crisi economica e sociale.
Proprio con l’apporto decisivo della Legacoop regionale, la Puglia è stata una delle prime regioni a darsi una legge in materia di cooperative di Comunità, la legge regionale 20 maggio 2014 n. 23, che ne ha disciplinato gli aspetti costitutivi e finanziari.
Anche per la città di Manfredonia la costituzione di una cooperativa di Comunità potrebbe rappresentare uno degli strumenti per superare da un lato la crisi di fiducia che gran parte dei cittadini nutre verso la politica e dall’altro sopperire alla profonda crisi della finanza pubblica locale, che presenta uno squilibrio corrente di oltre 24 milioni di euro che peserà sulla città almeno per i prossimi dieci anni, con aumenti delle imposte locali e riduzioni dei servizi.
Potrebbe essere il possibile inizio di un riscatto morale, sociale ed economico attraverso uno strumento giuridico in grado di rispondere alle tante esigenze della città, quali il welfare locale, la gestione dei beni pubblici e la produzioni di beni e servizi utili alla collettività.
Il progetto potrebbe vedere come soggetti promotori il Comune e i cittadini interessati e come soggetti finanziatori la Regione Puglia (art. 6 legge Regionale), le Centrali cooperative, con le sue istituzioni finanziarie, banche operanti nel settore sociale quali Banca Etica, Intesa S. Paolo e Ubi Banca, e altre istituzioni quali il Gal Daunofantino e il Parco Nazionale del Gargano.
La cooperativa di Comunità potrebbe essere per la città un luogo per sviluppare idee e progetti al servizio dello sviluppo, luogo di innovazione sociale e di crescita professionale, luogo che crea lavoro e ricchezza per la città, luogo di riscatto e di occasioni di lavoro fonte di dignità oltre che di reddito.
L’organizzazione e la gestione potrebbe essere affidata alle competenze migliori della città, donne e uomini di grande talento, determinazione e passione.
Sono stato per oltre vent’anni dirigente della MUCAFER, e posso dire, per averlo sperimentato, che, se rettamente gestita, la strada della cooperazione è in grado, più e meglio di ogni altra, di creare valore aggiunto e di dare lavoro stabile e duraturo alla comunità ed all’intero territorio di appartenenza.
Oggi sono Presidente di una Cooperativa sociale che nel 2016 sviluppava 400 mila euro di fatturato e 9 dipendenti e che nel 2018 ha raggiunto 2,6 milioni di fatturato e numeri di occupati pari a oltre 100 persone, che collaborano come dipendenti e lavoratori autonomi (obiettivi che l’hanno portata a meritare nel 2019 due importanti riconoscimenti, uno nazionale da parte del più prestigioso quotidiano economico nazionale il Sole 24 ore e l’altro dal Financial Time, il più importante giornale economico Europeo, quale impresa leader della crescita per gli anni 2017-2019).
Il risultato raggiunto è merito di tutti quelli che creano lavoro stando insieme e mettendovi ogni giorno passione, determinazione e competenza. “Da soli non c’è Storia”, direbbe il Presidente del Movimento Cooperativo Pugliese Carmelo Rollo.
Vale quindi la pena provarci.
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